Premessa
L’emergenza legata alla diffusione del COVID – 19 ha influito inevitabilmente non solo sugli individui ma anche sulle imprese, che si sono trovate a fronteggiare situazioni del tutto imprevedibili alle quali è connessa la possibilità di incorrere in nuovi rischi aziendali, ovvero quelli che, seppur già “mappati” in astratto, potrebbero manifestarsi in maniera diversa e imponderata. 
Tali rischi, se mal gestiti in sede di analisi, comportano a carico dell’impresa forme di responsabilità in sede penale che vanno inevitabilmente ad aggiungersi a quella della persona fisica che, operando nel contesto aziendale, ha materialmente commesso il fatto illecito. 
La responsabilità in sede penale degli enti ex D.lgs. 231/2001, si somma a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto-reato nel contesto aziendale, quale soggetto legato da un rapporto funzionale/organico con l’ente, come gli amministratori, i dipendenti, i fornitori. 
Quest’ampliamento della responsabilità rivolto all’ente persona giuridica, coinvolge nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio, gli interessi economici e l’ immagine dell’azienda, la quale, si ricorda, fino all’entrata in vigore del D.lgs. 231/2001, non subiva nessuna conseguenza a seguito della realizzazione di un reato commesso dagli amministratori o dai dipendenti. 
Ecco perché, alla luce soprattutto delle nuove disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro consequenziali all’emergenza sanitaria in corso, sta ritornando di profonda attualità ed interesse il dedalo della compliance aziendale, attraverso la predisposizione, da parte di chiunque eserciti un’attività imprenditoriale “sana”, di una serie di attività e strumenti preventivi, al fine di non incorrere nel rischio del non rispetto della normativa vigente. In questo modo, in caso si manifestino non conformità legislative nel corso dell’attività d’imrpesa, l’azienda stessa potrà agilmente identificare le soluzioni più efficaci, proteggendosi sia dalle conseguenze legali sia da quelle reputazionali a suo danno.
Il tessuto economico nazionale: i vantaggi dell’adozione del Modello 231 per le PMI.
Come sempre avviene, in una cornice istituzionale e burocratica così complessa, sono i piccoli e medi imprenditori a subire le conseguenze più gravi nel caso di una eventuale mala gestio e ritardo nell’adeguamento e nella riorganizzazione aziendale come imposta dalla legislazione attuale, ciò potendo incidere significativamente sulla battuta d’arresto economica nazionale. 
In Italia, infatti, oltre il 90% delle aziende sono Piccole e Medie Imprese (da adesso in poi PMI) che, proprio per l’importanza che hanno nel tessuto economico nazionale, non possono prescindere dal rispetto della legalità e della correttezza nella gestione organizzativa e degli affari.
Pertanto particolarmente delicato risulta essere, in questa fase di delicata transizione, il compito dell’imprenditore in quanto si articola su più fronti, dalla gestione del personale alla riorganizzazione e riprogrammazione dell’attività, tenendo sempre presente l’obiettivo primario di garantire la tutela della salute dei dipendenti. 
Ma in un momento storico come questo, in cui l’ espressione “adozione di strumenti e dispositivi di protezione e prevenzione” sembra essere all’ordine del giorno, chi si preoccupa di adottare uno strumento atto a proteggere l’azienda dalla responsabilità ex D.lgs. 231/01
Benché il contesto sia frenetico ed in continuo divenire, l’imprenditore non può tralasciare di riservare alla sua azienda la stessa tutela che riserverebbe a se stesso e ad ogni membro del suo entourage aziendale.
In quest’ottica, al fine di evitare le gravi conseguenze che derivano all’azienda dalla commissione di un reato da parte di persona fisica, un imprenditore che si ispiri a canoni deontologici corretti, non può che propendere per  l’adozione di un Modello di Organizzazione e Gestione 231 (da adesso in poi MOG 231) che, seppure non obbligatorio, quando efficacemente predisposto ed attuato, impedisce l’applicazione di sanzioni pecuniarie, interdittive e di misure cautelari a carico dell’impresa. 
L’utilità di essere in possesso di un MOG 231 ancora troppo spesso sfugge a molte realtà imprenditoriali, soprattutto se medie e piccole, che pure si gioverebbero della sua presenza poichè risulta essere, di fatto, l’unica esimente per l’ azienda indagata ai sensi del D.Lgs. 231/01, tale da escluderne la responsabilità.  
Va altresì evidenziato che il MOG 231, oltre ad avere la funzione di esimere da responsabilità l’azienda nel caso di commissione di reati, comporta dei benefici non indifferenti per l’impresa, in quanto funge da status symbol, da codice etico di una realtà imprenditoriale dai consolidati principi morali, volta a valorizzare contemporaneamente l’ immagine e la reputazione dell’impresa al fine di aumentare la fiducia nei propri utenti e di preservare l’azienda da ogni rischio ponderabile. 
Tuttavia, come anticipato, nell’attuale quadro imprenditoriale italiano uno dei problemi più significativi è quello relativo all’implementazione del D.Lgs.. 231/2001 e del MOG 231 nelle PMI che costituiscono l’assoluta maggioranza dell’imprenditoria italiana.
Il problema sorge nel momento in cui ci si riferisca ad un’impresa così “piccola” dal punto di vista organizzativo e strutturale che la maggior parte delle funzioni è concentrata in capo a poche persone: di tal chè, precipitosamente, c’è chi ritiene che parlare di MOG 231 in tale ambito dimensionale sia fuori luogo, al punto che la stragrande maggioranza delle PMI neppure viene informata su cosa effettivamente sia un MOG 231
Tale conclusione risulta però erronea ed anacronistica, sia dal punto di vista normativo, poiché il D.Lgs.. 231/2001 non esclude in alcun modo dalla sua sfera di applicazione le PMI, sia pratico, poiché nella prassi, la maggioranza dei procedimenti penali ex D.Lgs.. 231/2001 ha interessato aziende di questo tipo.
Vero è che per l’ adozione di un MOG 231 l’impresa non può prescindere dal prevedere la presenza nella sua strutturazione dell’Organismo di Vigilanza, che ha il compito di monitorare costantemente l’efficienza e l’adeguatezza del sistema di prevenzione dettato dal modello; ma, d’altro canto è lo stesso legislatore ad aver considerato le problematiche dal punto di vista di quelle specifiche entità aziendali che, per la dimensione e la semplicità della struttura organizzativa, non dispongono di una funzione con compiti di monitoraggio del sistema di controllo interno e per i quali, di conseguenza, l’onere che origina dall’istituire un organismo ad hoc potrebbe essere economicamente insostenibile. 
Questa problematica, infatti, trova la sua soluzione nell’art. 6, comma 4, del D.Lgs.. 231/2001, grazie al quale nelle società di piccole dimensioni il ruolo dell’Organismo di Vigilanza può essere svolto dall’organo dirigente stesso.
Pertanto ogni imprenditore, a prescindere dalla soglia dimensionale della sua attività, può decidere di fornire un “dispositivo di protezione dalla responsabilità ex D. lgs 231/01” alla propria realtà imprenditoriale, adottando lo stesso modello che il legislatore prevede per le grandi imprese, a costi di gran lunga più modici. 
Appare infatti logico che, nell’elaborazione del modello, si debba tener conto della dimensione e del tipo di attività svolta dall’impresa, ex art 7, comma 3 del d.lgs. 231/2001, così da rendere la funzionalità e i costi del modello speculari all’impresa interessata e al suo fatturato.
Conclusioni
In una dimensione volta alla semplificazione e alla sponsorizzazione a vantaggio delle Piccole e Medie Imprese di Modelli di Organizzazione e Gestione 231 in generale, volendo calare le considerazioni che precedono in un momento storico in cui si affronta quotidianamente il problema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro più di ogni altro, si sottolinea che l’ art. 25-septies del D. lgs. 231/2001 prevede quale reato – presupposto della responsabilità dell’ impresa, con riferimento a quegli aspetti di “colpa organizzativa”, l’ omicidio colposo e le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ex D. Lgs 81/08, ipotesi di reato che possono essere indifferentemente commesse tanto da enti di dimensioni minime quanto dalle realtà multinazionali. 
Anzi, è proprio nelle piccole società, spesso a compagine personale, che emerge una maggior attitudine alla commissione di tali condotte illecite, proprio in considerazione della superficialità e della disinformaizone in cui versano la maggior parte delle piccole e cosiddette micro imprese italiane (definite così quelle con meno di dieci occupati).
Con riferimento a queste ultime, non è da sottovalutati il dato fornito dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) a cura dell’ISTAT, che indica la prevalenza assoluta nel sistema produttivo italiano delle micro imprese con meno di dieci dipendenti, pari a circa il 95% del totale, realizzanti un’occupazione pari al 46% degli addetti. 
La restante parte del tessuto imprenditoriale italiano è costituito da imprese che impiegano fino a quarantanove dipendenti, mentre le imprese più grandi costituiscono appena lo 0,5% del totale.
Dato rilevante se si considera che, ad oggi, solo lo 0,5% delle imprese sono dotate di un MOG 231 e che, quindi, solo una percentuale bassissima riesce a garantire a se stessa e, più in generale, alla sopravvivenza dell’imprenditoria italiana tutta, una tutela a 360 gradi.
Ecco perché l’adozione dei Modelli Organizzativi esimenti deve essere inteso come un tema sempre più significativo da sottoporre al mondo imprenditoriale delle PMI, dal momento che detto strumento di tutela è l’unico veramente in grado di garantire all’imprenditore la continuità della propria attività e di mantenerla in vita a prescindere da ciò che possa accadere all’imprenditore stesso, inteso come individuo.

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