Premessa

Nel corso del 2024, il settore della logistica in Italia ha visto un’escalation di indagini giudiziarie che hanno messo in luce gravi episodi di sfruttamento lavorativo.

Secondo il “Monitoraggio attività di vigilanza” pubblicato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), il 60% delle ispezioni effettuate nel settore della logistica ha rilevato irregolarità, con circa 20.000 lavoratori coinvolti, di cui oltre il 30% risultati privi di regolare contratto.

La logistica è emersa come uno dei settori più vulnerabili all’impiego di manodopera irregolare, a causa di una rete complessa di subappalti e cooperative, spesso utilizzate per aggirare le normative sul lavoro e massimizzare i profitti.

Questo sistema consente alle organizzazioni criminali di infiltrarsi nelle attività economiche, sfruttando lavoratori, in particolare migranti, in condizioni disumane e spesso in condizioni di semi-schiavitù e con salari ben al di sotto dei minimi contrattuali.

Questi casi hanno riguardato soprattutto cooperative fittizie, utilizzate come strumenti per eludere normative fiscali e giuslavoristiche, con l’obiettivo di massimizzare i profitti a scapito dei diritti dei lavoratori.

Oltre ai turni massacranti e alle retribuzioni irrisorie, le indagini hanno rivelato un diffuso utilizzo di documenti falsi e pratiche intimidatorie per mantenere il controllo sui lavoratori.

Uno strumento cruciale nel contrasto a queste forme di illegalità è stato rappresentato dalle misure interdittive antimafia, mettendo in luce il coinvolgimento di organizzazioni criminali in un settore strategico per l’economia nazionale.

 

Il Fenomeno del Caporalato nella Logistica

Il caporalato nella logistica si manifesta attraverso diverse fattispecie di reato, tra cui lo sfruttamento di manodopera e l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Lo sfruttamento di manodopera, previsto dall’art. 603-bis c.p., si configura come un reato che colpisce chiunque recluti, utilizzi, assuma o impieghi lavoratori in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno o di vulnerabilità.

Le condizioni di sfruttamento includono la sistematica violazione delle norme contrattuali nazionali, l’imposizione di orari di lavoro estenuanti, l’assenza di misure di sicurezza sul luogo di lavoro, la negazione di riposi settimanali o ferie, e la corresponsione di retribuzioni nettamente inferiori ai minimi previsti.

Un ulteriore elemento rilevante è l’utilizzo di violenza, minacce o altre forme di coercizione per mantenere il controllo sui lavoratori. Ad esempio, in alcuni casi di caporalato emersi nel settore della logistica, i lavoratori erano obbligati a versare parte del loro salario ai caporali per “assicurarsi” il posto di lavoro e subivano intimidazioni per evitare denunce alle autorità. Un esempio emblematico è rappresentato dal caso delle cooperative fittizie che, nei magazzini di grandi catene di distribuzione, impiegano manodopera straniera sottoponendola a turni di 12-14 ore con paghe di 2-3 euro l’ora.

Un’altra fattispecie rilevante è l’impiego di cittadini stranieri privi di regolare permesso di soggiorno, disciplinato dall’art. 22 del T.U. Immigrazione (D. Lgs. 286/1998). Questa norma prevede sanzioni per chiunque impieghi lavoratori stranieri senza la necessaria documentazione, con pene aggravate se il numero di lavoratori impiegati è superiore a tre, se i lavoratori sono minori, o se sono sottoposti a condizioni di particolare sfruttamento.

Nel settore della logistica, un caso emblematico ha coinvolto un magazzino nel nord Italia, dove decine di lavoratori provenienti dall’Africa subsahariana sono stati scoperti a lavorare senza alcun contratto, sottoposti a turni di 12 ore al giorno e paghe di 3 euro l’ora. I lavoratori vivevano in dormitori di fortuna senza condizioni igieniche adeguate, costantemente sotto la minaccia di essere denunciati alle autorità in caso di reclami.

Nel settore agricolo, uno degli episodi più gravi si è verificato in Puglia, dove un gruppo di migranti irregolari impiegati nella raccolta di pomodori è stato scoperto a lavorare in condizioni di schiavitù. Le vittime erano obbligate a versare parte della loro paga ai caporali per coprire il trasporto e l’alloggio, vivendo in baracche fatiscenti senza accesso a servizi essenziali.

Questi esempi mettono in evidenza come il reato di impiego di manodopera irregolare sia spesso associato a forme gravi di sfruttamento, amplificando le vulnerabilità di persone già in situazioni precarie.

Queste pratiche non solo violano i diritti fondamentali dei lavoratori, ma alimentano un sistema economico illecito che distorce la concorrenza e favorisce l’infiltrazione della criminalità organizzata.

Le cooperative fittizie svolgono un ruolo centrale nel sistema, fungendo da intermediari tra le grandi aziende e i lavoratori. Queste cooperative spesso evadono contributi fiscali e previdenziali, utilizzando contratti irregolari o falsi per coprire la manodopera impiegata. Un caso documentato ha riguardato una rete di cooperative in Emilia-Romagna, dove i lavoratori erano stipati in alloggi fatiscenti e obbligati a pagare una parte della loro retribuzione per vitto e alloggio, riducendo ulteriormente i già bassi guadagni.

Questo sistema è reso ancora più complesso dalla difficoltà di tracciamento delle responsabilità nella filiera, spesso frammentata tra appalti e subappalti, creando un terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità organizzata.

 

Le Interdittive Antimafia: Un Bilancio

Nel 2024, diverse Prefetture italiane hanno emesso interdittive antimafia nei confronti di aziende operanti nella logistica, collegate direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata. Tra i casi più rilevanti:

  • Operazione “Carico Sporco”: in Lombardia, un’importante società di trasporti è stata colpita da interdittiva antimafia per il coinvolgimento in un sistema di appalti pilotati e sfruttamento di lavoratori stranieri. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Milano, hanno portato alla scoperta di un complesso intreccio tra la società e alcune famiglie legate alla ‘ndrangheta. Gli investigatori hanno documentato come l’azienda, attraverso gare d’appalto truccate, ottenesse contratti di trasporto per grandi committenti. In parallelo, veniva reclutata manodopera irregolare, prevalentemente proveniente dall’Africa subsahariana, costretta a lavorare senza tutele per salari al di sotto della soglia di povertà. Durante l’operazione sono stati arrestati diversi dirigenti aziendali e sequestrati beni per un valore di oltre 15 milioni di euro.

A seguito di queste indagini, la società ha adottato un piano straordinario per rafforzare il controllo della catena di fornitura e della filiera degli appalti. Tra le misure implementate, vi sono l’introduzione di un sistema di audit interno ed esterno per verificare la conformità alle normative sul lavoro, la formazione obbligatoria dei responsabili degli appalti sui principi etici e legali, e la digitalizzazione dei processi di tracciamento dei contratti. Inoltre, l’azienda ha collaborato con organizzazioni indipendenti per garantire la trasparenza e l’imparzialità delle verifiche, e ha avviato un programma di certificazione per i fornitori, finalizzato a escludere quelli che non rispettano i requisiti di legalità e sicurezza sul lavoro.

  • Il Caso delle Cooperative in Emilia-Romagna: diverse cooperative sono state coinvolte in un sistema di sfruttamento di lavoratori pakistani e bengalesi. Le interdittive antimafia hanno colpito queste organizzazioni, accusate di impiegare manodopera in condizioni disumane nei magazzini di grandi catene di distribuzione, con turni di lavoro estenuanti e paghe ben al di sotto dei minimi contrattuali.

Gli sviluppi dell’indagine hanno portato all’identificazione di reti di subappalto che mascheravano la mancanza di controlli interni e consentivano pratiche illecite.

In risposta alle accuse, alcune cooperative hanno implementato una serie di misure per migliorare la trasparenza e il controllo lungo la catena della fornitura. Tra queste, l’adozione di modelli organizzativi ispirati al D. Lgs. 231/2001, la creazione di un sistema di audit interni periodici per verificare la regolarità dei contratti e il rispetto dei diritti dei lavoratori, e la collaborazione con associazioni di categoria per promuovere la formazione su pratiche etiche e normative vigenti. Inoltre, è stato introdotto un sistema di tracciabilità dei flussi finanziari e contrattuali, supportato da tecnologie digitali, per garantire il monitoraggio delle operazioni e prevenire ulteriori abusi.

  • Il Caso Alviero Martini: Nel contesto delle indagini sul caporalato, è emerso il coinvolgimento di fornitori legati al marchio di moda Alviero Martini. Le verifiche hanno portato alla scoperta di irregolarità contrattuali e l’impiego di manodopera sottopagata, costringendo il marchio a rivedere le sue politiche di approvvigionamento.

Nel gennaio 2024, il Tribunale di Milano ha posto Alviero Martini S.p.A. in amministrazione giudiziaria, a causa dell’incapacità dell’azienda di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nella sua filiera produttiva. Durante il periodo di sottoposizione alla misura, l’azienda ha implementato un modello organizzativo e procedure di controllo dei fornitori, finalizzati a garantire il rispetto delle normative sul lavoro e a prevenire il ricorso a manodopera sfruttata. Inoltre, Alviero Martini ha rapidamente cessato le collaborazioni con fornitori identificati come rischiosi.

Grazie a queste misure, nell’ottobre 2024 il Tribunale di Milano ha revocato anticipatamente l’amministrazione giudiziaria, riconoscendo l’efficacia degli interventi messi in atto dall’azienda per sanare le criticità precedentemente emerse.

  • Il Caso Armani: Nel 2024, la Giorgio Armani Operations S.p.A. è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria per un anno dal Tribunale di Milano, a causa di presunte omissioni nei controlli sulla filiera produttiva che avrebbero agevolato, seppur in maniera colposa, fenomeni di sfruttamento lavorativo.

Le indagini hanno rivelato che la Giorgio Armani Operations affidava la produzione di borse e accessori a società terze, le quali, a loro volta, subappaltavano a opifici gestiti da imprenditori di origine cinese. Questi laboratori impiegavano manodopera irregolare in condizioni di sfruttamento, con salari di 2-3 euro l’ora e turni lavorativi fino a 14 ore al giorno. Nei laboratori subappaltati sono state riscontrate gravi violazioni delle norme sulla sicurezza e condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, con lavoratori costretti a vivere in dormitori abusivi adiacenti ai luoghi di lavoro.

In risposta alle criticità emerse, Giorgio Armani ha dichiarato di aver sempre attuato misure di controllo e prevenzione per minimizzare abusi nella catena di fornitura e ha espresso la volontà di collaborare con le autorità per chiarire la propria posizione.

Successivamente, il Tribunale di Milano ha proposto misure per intensificare i controlli sui fornitori nel settore del lusso, al fine di garantire il rispetto delle leggi sul lavoro e prevenire lo sfruttamento.

Queste proposte, sebbene non legalmente vincolanti, mirano a promuovere una maggiore responsabilità nella gestione della filiera produttiva.

  • Il Caso Dior: A seguito dell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria di Manufactures Dior nel giugno 2024, la società ha intrapreso iniziative per rafforzare i controlli sulla propria filiera produttiva e garantire il rispetto delle normative sul lavoro.

Le indagini avevano evidenziato irregolarità nei subappalti e l’impiego di cooperative sospette che impiegavano manodopera irregolare. In risposta, Dior ha introdotto un protocollo interno che prevede la verifica della conformità contrattuale di tutti i fornitori e subappaltatori, includendo audit regolari e non preannunciati. La società ha inoltre istituito un sistema di monitoraggio digitale per tracciare i flussi di lavoro e garantire il rispetto delle normative sul lavoro. Un dipartimento dedicato alla compliance è stato creato per supervisionare queste attività e per garantire la formazione dei responsabili delle risorse umane e dei fornitori sui diritti dei lavoratori. Inoltre, Dior ha stretto collaborazioni con enti indipendenti per certificare la regolarità delle condizioni lavorative lungo tutta la filiera produttiva.

  • Il Caso Esselunga: nel corso di un’indagine del 2024, alcune cooperative fornitrici di Esselunga sono state accusate di sfruttamento di manodopera irregolare nei centri di distribuzione del nord Italia. Le cooperative, che fornivano personale per la logistica e il magazzinaggio, sono risultate coinvolte in pratiche di caporalato, con lavoratori sottoposti a turni massacranti e paghe inferiori ai minimi contrattuali. Nei casi esaminati, è emerso che i lavoratori fossero spesso migranti senza regolare permesso di soggiorno, impiegati in condizioni degradanti e senza alcuna tutela sindacale.

In risposta, Esselunga ha avviato una revisione completa delle politiche di approvvigionamento, introducendo un codice etico obbligatorio per tutti i fornitori e avviando un monitoraggio più rigoroso delle condizioni di lavoro nelle cooperative coinvolte. La società ha inoltre implementato un sistema di audit periodici per verificare la conformità alle normative sul lavoro lungo l’intera catena di fornitura. Questi audit includono ispezioni a sorpresa e la collaborazione con organizzazioni indipendenti per garantire trasparenza e imparzialità nel controllo. Parallelamente, Esselunga ha istituito un dipartimento dedicato alla sostenibilità e al rispetto dei diritti umani, incaricato di promuovere pratiche di lavoro etiche e di prevenire future violazioni nella filiera produttiva.

 

Gli Strumenti di Contrasto

Il Codice Antimafia prevede una serie di misure volte a contrastare efficacemente i reati di sfruttamento di manodopera (art. 603-bis c.p.) e l’impiego di cittadini stranieri privi di regolare permesso di soggiorno (art. 22 del D. Lgs. 286/1998).

Tra queste, spiccano l’applicazione delle interdittive antimafia per bloccare immediatamente le attività delle imprese coinvolte in pratiche illecite e il sequestro preventivo dei beni, finalizzato a evitare che i proventi delle attività criminose vengano reinvestiti o occultati. Inoltre, il controllo giudiziario delle aziende, introdotto dall’art. 34-bis del Codice Antimafia, consente di monitorare e risanare le imprese sospettate di infiltrazioni criminali, promuovendo la regolarità amministrativa e contrattuale.

Questi provvedimenti consentono alle Prefetture di sospendere immediatamente l’operatività delle aziende coinvolte, interrompendo il ciclo economico illecito. Le interdittive colpiscono le imprese che, attraverso subappalti irregolari o l’impiego di cooperative fittizie, impiegano lavoratori in condizioni di sfruttamento o prive di documentazione regolare. Ad esempio, in recenti casi nel settore della logistica, interdittive sono state emesse nei confronti di aziende che gestivano magazzini e centri di distribuzione utilizzando manodopera sottopagata e priva di contratti formali, spesso reclutata attraverso intermediari legati alla criminalità organizzata. Questi strumenti non solo tutelano i diritti dei lavoratori, ma mirano anche a ripristinare la legalità nei settori più esposti alle infiltrazioni criminali.

Questi strumenti sono accompagnati dall’obbligo per le imprese di adottare modelli organizzativi adeguati ai sensi del D. Lgs. 231/2001, con protocolli specifici per prevenire lo sfruttamento lavorativo e garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori. Tali misure rappresentano un approccio integrato che mira non solo a reprimere le condotte illecite, ma anche a prevenirne il ripetersi attraverso una gestione più etica e trasparente delle attività economiche.

Per prevenire specificamente i reati di sfruttamento della manodopera ex art. 603-bis c.p. e di impiego di cittadini privi di permesso di soggiorno ex art. 22 del D. Lgs. 286/1998, i modelli organizzativi ex D. Lgs. 231/2001 devono includere protocolli mirati. Tra questi, il monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro lungo tutta la filiera produttiva, l’adozione di sistemi di tracciamento digitale per verificare la regolarità dei contratti e delle retribuzioni, e la formazione obbligatoria per i responsabili delle risorse umane e dei fornitori sui diritti dei lavoratori e sulla normativa vigente. Devono inoltre essere implementati meccanismi di whistleblowing protetti per segnalare eventuali irregolarità, unitamente a controlli periodici da parte di organismi indipendenti per garantire la conformità alle leggi e agli standard etici.

Le interdittive antimafia si sono dimostrate efficaci nel bloccare immediatamente l’operatività di aziende sospettate di collusione con la criminalità organizzata. Tuttavia, emergono criticità nella prevenzione e nel controllo:

  • Insufficienza dei controlli preventivi: Molte cooperative vengono create ad hoc per aggirare le normative, rendendo difficile per le autorità identificare tempestivamente le irregolarità.
  • Difficoltà nel tutelare i lavoratori: Nonostante i sequestri e le interdittive, i lavoratori spesso rimangono privi di tutela, con conseguenti ripercussioni economiche e sociali.

 

Prospettive Future

Per combattere efficacemente il caporalato nella logistica è necessario rafforzare la collaborazione tra istituzioni, sindacati e organizzazioni del terzo settore. Gli investimenti in tecnologie di tracciamento degli appalti e la promozione di pratiche di responsabilità sociale d’impresa possono contribuire a creare un settore più trasparente e giusto. Inoltre, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul legame tra criminalità organizzata e sfruttamento lavorativo rappresenta un passo fondamentale per costruire una società più equa.

L’ultimo anno ha dimostrato che le interdittive antimafia possono essere un’arma potente, ma il loro impatto deve essere accompagnato da una strategia complessiva che metta al centro la dignità del lavoro e la legalità.

Un’importante iniziativa diretta in tal senso, per promuovere la legalità nel settore della logistica, è rappresentata dal “Protocollo d’Intesa per la legalità dei contratti di appalto nel settore della logistica” adottato dalla Prefettura di Milano.

Questo protocollo, sottoscritto nel 2024, mira a garantire la trasparenza e il rispetto delle normative contrattuali negli appalti attraverso una serie di misure chiave, tra cui l’obbligo per le aziende di documentare dettagliatamente i subappalti e di fornire rapporti regolari sulle condizioni lavorative.

Inoltre, il protocollo prevede audit periodici sui contratti di lavoro e controlli incrociati con gli enti previdenziali per assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori. Questi strumenti, associati alla collaborazione tra istituzioni pubbliche, aziende e sindacati, rappresentano un passo significativo verso una gestione più etica e trasparente della filiera logistica.

Ulteriore passo in questa direzione si registra nella bozza sul rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il settore logistica, trasporto merci e spedizione. I punti chiave sono:

  1. Impegno per la legalità: Le parti coinvolte riconoscono l’importanza di contrastare l’illegalità nelle attività di logistica e si impegnano a garantire il rispetto delle normative sugli appalti.
  2. Requisiti per gli appaltatori:
    • Idoneità tecnica e professionale: Attrezzature e mezzi adeguati, assenza di interdittive o condanne per reati d’impresa, certificazione antimafia.
    • Capacità economico-finanziaria e adeguatezza degli assetti organizzativi e amministrativi: es. adozione di un adeguato modello organizzativo ex D. Lgs. 231/2001 o di un valido modello di organizzazione, gestione e controllo che si rifaccia ai medesimi principi.
    • Osservanza delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro: DVR aggiornato, informazioni sugli infortuni, formazione specifica per la sicurezza.
    • Regolarità contributiva e fiscale: Documentazione aggiornata (DURC, DURF) e pagamenti regolari delle ritenute fiscali.[1]

[1] Per approfondimenti, cfr. https://www.linkedin.com/posts/maurizioarena_modello-231-ccnl-logistica-maurizio-arena-activity-7275404515556655104-fORx/?originalSubdomain=it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This field is required.

This field is required.