Negli ultimi anni, la sostenibilità aziendale è diventata un tema centrale per le imprese e i legislatori europei.
Il concetto di sostenibilità aziendale si riferisce alla capacità di un’impresa di operare in modo responsabile, bilanciando gli aspetti economici, ambientali e sociali. Questo significa adottare strategie che garantiscano una crescita economica duratura, riducendo al contempo l’impatto ambientale e promuovendo il benessere delle persone coinvolte, dai dipendenti ai consumatori.
In questo contesto, l’Unione Europea, con la Direttiva (UE) 2022/2464 – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 16 dicembre 2022, e recepita in Italia recepita con il Decreto Legislativo n. 125 del 6 settembre 2024 (in vigore dal 25 settembre 2024) –, ha introdotto la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), una direttiva che mira a migliorare la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni di sostenibilità fornite dalle aziende.
La CSRD sostituisce la precedente Non-Financial Reporting Directive (NFRD) (recepita in Italia con il D. Lgs. 254/2016) e introduce obblighi più stringenti per le imprese in merito alla rendicontazione degli impatti ambientali, sociali e di governance (ESG).
Come è noto, la rendicontazione ESG riguarda la misurazione e la comunicazione delle pratiche aziendali in tre ambiti:
- Ambientale: include dati su emissioni di CO2 e altri gas serra, consumo di risorse naturali come acqua e materie prime, gestione dei rifiuti e pratiche di economia circolare, efficienza energetica e utilizzo di fonti rinnovabili, impatti sulla biodiversità e misure di adattamento ai cambiamenti climatici. Inoltre, le aziende devono fornire informazioni su strategie e obiettivi di riduzione dell’impronta ecologica, indicatori di performance ambientale e conformità alle normative ambientali internazionali ed europee;
- Sociale: comprende informazioni sulle condizioni di lavoro, tra cui la sicurezza sul lavoro, la salute e il benessere dei dipendenti, i contratti e le ore lavorative. Include inoltre dati relativi al rispetto dei diritti umani, come la prevenzione del lavoro forzato e minorile, e l’adesione a normative internazionali sul lavoro equo. La rendicontazione sociale copre anche aspetti legati all’inclusione e alla diversità, come l’equità di genere, le politiche di pari opportunità e l’accessibilità per le persone con disabilità. Infine, le imprese devono riportare il loro impatto sulla comunità, descrivendo iniziative di responsabilità sociale d’impresa (CSR), progetti di sviluppo locale e attività di volontariato aziendale volte a migliorare il benessere della società;
- Governance: riguarda la trasparenza aziendale, l’etica d’impresa, la struttura di gestione e la lotta alla corruzione. Le imprese devono rendicontare le politiche di governance adottate per garantire la conformità alle normative, la responsabilità dei dirigenti e la gestione del rischio. Questo include la composizione del consiglio di amministrazione, le politiche di remunerazione, i meccanismi di controllo interno e le misure adottate per prevenire pratiche illecite come il riciclaggio di denaro e la corruzione. Inoltre, è fondamentale fornire informazioni sul processo decisionale, sull’inclusione di criteri ESG nelle strategie aziendali e sulla trasparenza nei rapporti con gli stakeholder e gli investitori.
Gli obblighi di rendicontazione imposti alle aziende dalla CSRD, come recepita dal D. Lgs. 125/2024, includono:
- La pubblicazione di report di sostenibilità conformi agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS).
- La rendicontazione obbligatoria degli impatti ambientali, sociali e di governance (ESG) per le imprese che rientrano nei criteri stabiliti dalla normativa.
- L’obbligo di revisione e certificazione indipendente dei dati di sostenibilità per garantire trasparenza e affidabilità.
- L’integrazione delle informazioni ESG nei bilanci aziendali per migliorare la coerenza con la rendicontazione finanziaria.
In particolare, rispetto alla precedente Direttiva NFRD, la CSRD introduce:
- Un’estensione del perimetro di applicazione, coinvolgendo un numero significativamente maggiore di aziende.
Mentre la NFRD riguardava solo circa 11.000 aziende, la CSRD coinvolgerà oltre 50.000 imprese in Europa. In Italia, questo cambiamento avrà un impatto significativo, con il numero di aziende obbligate alla rendicontazione che passerà da circa 200 a quasi 7.000, coinvolgendo non solo le grandi imprese, ma anche molte PMI quotate, istituzioni finanziarie e assicurazioni (fonte: Assolombarda).
- Standard comuni di rendicontazione: la CSRD introduce gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), sviluppati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), i quali definiscono in modo dettagliato le metriche e gli indicatori che le imprese devono utilizzare per la rendicontazione ESG, assicurando un approccio armonizzato in tutta l’Unione Europea.
- Maggiore dettaglio nella rendicontazione ESG, con requisiti più strutturati e standardizzati che prevedono la divulgazione di informazioni più specifiche e quantificabili sugli impatti ambientali, sociali e di governance. Le imprese devono fornire dati dettagliati su emissioni di gas serra, utilizzo delle risorse naturali, impatti sulla biodiversità, condizioni lavorative, politiche di equità di genere e processi di governance aziendale, assicurando trasparenza e comparabilità tra le diverse organizzazioni.
- Obbligo di audit esterno, che impone alle aziende di sottoporre la propria rendicontazione di sostenibilità a una revisione indipendente da parte di un revisore o un ente certificatore accreditato, che dovrà attestare la conformità delle informazioni ESG agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS).
- Obbligo di digitalizzazione della rendicontazione, con report disponibili in formato elettronico per facilitarne l’accesso e l’analisi da parte degli investitori e delle autorità di vigilanza. L’uso di formati standardizzati e leggibili automaticamente consente di integrare le informazioni ESG con i dati finanziari per garantire maggiore coerenza e trasparenza. Inoltre, i report dovranno essere pubblicati su piattaforme digitali centralizzate, accessibili agli stakeholder, facilitando la comparabilità tra le aziende e migliorando la tracciabilità delle informazioni di sostenibilità.
Questo obbligo mira a rendere la rendicontazione ESG più accessibile, affidabile e utile per la valutazione delle performance aziendali da parte di investitori, autorità di regolamentazione e pubblico.
Sul piano sociale, le aziende devono rendicontare le condizioni di lavoro, incluse le ore lavorative, il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro, le politiche di inclusione e diversità, l’equità salariale e il rispetto dei diritti umani lungo tutta la catena di approvvigionamento.
In termini di governance, i report devono evidenziare la struttura del consiglio di amministrazione, la presenza di politiche anticorruzione, la gestione dei rischi ESG e l’integrazione dei criteri di sostenibilità nelle strategie aziendali.
Chi deve conformarsi alla CSRD?
La CSRD si applica a un numero maggiore di aziende rispetto alla NFRD. In particolare, la direttiva riguarda:
- Grandi imprese che soddisfano almeno due dei seguenti tre criteri:
- un numero di dipendenti pari o superiore a 250
- un fatturato annuo superiore a 40 milioni di euro
- un totale dell’attivo patrimoniale superiore a 20 milioni di euro.
Questo requisito amplia il numero di aziende obbligate alla rendicontazione di sostenibilità, includendo anche imprese che in precedenza non erano soggette a obblighi di reportistica ESG.
- PMI quotate (ad eccezione delle microimprese), ovvero le piccole e medie imprese che hanno accesso ai mercati regolamentati attraverso la quotazione in borsa. La quotazione (es.: su Euronext Growth Milan – EGM) EGM consente alle PMI di raccogliere capitali dagli investitori pubblici, migliorando la loro visibilità e credibilità nel mercato. Tuttavia, comporta anche l’adeguamento a standard di trasparenza e rendicontazione più rigorosi, in linea con i requisiti imposti dalla CSRD.
- Società non europee che generano un fatturato superiore a 150 milioni di euro nell’UE e che possiedono almeno una filiale o succursale significativa in Europa. L’obbligo di rendicontazione garantisce che anche le imprese extra-UE operanti nell’UE rispettino gli stessi standard di trasparenza e sostenibilità previsti per le aziende europee, assicurando così una concorrenza leale e l’accesso a dati ESG affidabili per investitori e stakeholder.
Benefici della CSRD
- Maggiore trasparenza: gli investitori e gli stakeholder avranno accesso a informazioni ESG più dettagliate, standardizzate e verificabili. Grazie all’adozione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), le aziende devono fornire dati comparabili e verificabili sui propri impatti ambientali, sociali e di governance. Inoltre, l’obbligo di revisione indipendente dei report di sostenibilità garantisce l’affidabilità delle informazioni pubblicate, riducendo il rischio di greenwashing e migliorando la fiducia degli investitori nei dati forniti dalle imprese.
- Competitività e attrattività: le imprese che adottano pratiche sostenibili possono ottenere un vantaggio competitivo sul mercato. La crescente attenzione degli investitori e dei consumatori verso la sostenibilità porta le aziende che rispettano gli standard ESG ad attrarre più capitali e a consolidare la propria reputazione. Inoltre, molte istituzioni finanziarie offrono condizioni di finanziamento più vantaggiose per le imprese impegnate nella sostenibilità, riducendo così il costo del capitale. Un altro aspetto chiave è la fidelizzazione dei clienti e il miglioramento del brand positioning, poiché sempre più consumatori privilegiano aziende responsabili dal punto di vista ambientale e sociale. Infine, il rispetto delle normative sulla sostenibilità riduce il rischio di sanzioni e migliora la gestione del rischio aziendale, rendendo l’impresa più resiliente alle sfide future.
- Riduzione del greenwashing: la standardizzazione della rendicontazione riduce il rischio di dichiarazioni fuorvianti sulle pratiche di sostenibilità, garantendo che le informazioni ESG siano basate su criteri oggettivi e verificabili. L’obbligo di conformarsi agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) impone alle aziende di fornire dati quantificabili e confrontabili, riducendo la possibilità di comunicazioni ambigue o ingannevoli. Inoltre, la revisione indipendente dei report ESG da parte di enti certificatori accreditati assicura una maggiore credibilità delle dichiarazioni di sostenibilità, aumentando la fiducia di investitori, clienti e autorità di regolamentazione. Questo approccio contribuisce a prevenire pratiche di marketing ingannevoli e favorisce un mercato più trasparente e responsabile.
Il Rapporto tra la Direttiva CSRD e il Modello Organizzativo ex D. Lgs. 231/2001
La Direttiva CSRD si interseca con il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo previsto dal D. Lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa da reato delle imprese in Italia.
Un elemento chiave dell’intersezione tra CSRD e D. Lgs. 231/2001 riguarda i reati ambientali e societari previsti nel catalogo dei reati c.d. presupposto di tale responsabilità. In particolare, la CSRD impone alle aziende un monitoraggio costante e dettagliato su emissioni inquinanti, gestione dei rifiuti, sicurezza sul lavoro e trasparenza finanziaria, che sono strettamente collegati a reati come l’inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.), le false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.) e la corruzione tra privati (art. 2635 c.c.). Ad esempio, un’azienda che implementa un sistema di monitoraggio avanzato per la gestione dei rifiuti e delle emissioni può dimostrare il proprio impegno nella prevenzione di reati ambientali, evitando sanzioni e garantendo conformità alla normativa. Analogamente, una società che adotta pratiche di governance trasparenti e un solido sistema di controllo interno per la gestione delle transazioni finanziarie può prevenire frodi e illeciti societari, garantendo maggiore sicurezza agli investitori.
In tale ottica, la pubblicazione periodica di report ESG dettagliati, certificati da revisori indipendenti, permette di attestare la conformità dell’azienda agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) e di fornire evidenze concrete della correttezza dei comportamenti aziendali. Questo approccio non solo riduce il rischio di sanzioni, ma rafforza anche la fiducia degli stakeholder e migliora la reputazione aziendale nel lungo termine.
Tale impostazione si interseca, inoltre, con l’obbligo degli amministratori – previsto dall’art. 2086 c.c. – di dotare l’impresa di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, poiché una governance ESG solida può contribuire all’identificazione e alla gestione dei rischi aziendali, migliorando la resilienza dell’impresa.
Le aziende dovranno quindi rafforzare il proprio modello organizzativo per rispondere sia agli obblighi della CSRD sia alle prescrizioni del D. Lgs. 231/2001, adottando sistemi di controllo interno più rigorosi e integrati.
L’adozione di meccanismi di controllo interno più rigorosi, in linea con gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), consente dunque di rendere la rendicontazione ESG non solo un adempimento normativo, ma uno strumento di prevenzione dei reati e di miglioramento della gestione aziendale. L’inclusione dei principi ESG nei modelli 231 permette di ridurre il rischio di sanzioni e di migliorare la trasparenza nei confronti degli stakeholder, rafforzando la cultura della sostenibilità e dell’etica d’impresa.
Allo stesso modo, il Codice Etico e il sistema disciplinare previsti dal modello 231 possono essere adattati per includere specifici principi ESG, rafforzando la cultura aziendale della sostenibilità e riducendo il rischio di sanzioni. In questo contesto, la politica ambientale aziendale assume un ruolo fondamentale, poiché le imprese devono adottare procedure e protocolli che garantiscano il rispetto delle normative ambientali, la riduzione delle emissioni e l’ottimizzazione delle risorse naturali.
L’integrazione tra CSRD e il modello 231 offre quindi un’opportunità per le aziende di migliorare la propria governance e la gestione del rischio aziendale, garantendo la trasparenza e rafforzando la reputazione delle imprese e la fiducia degli stakeholder nel loro operato.
Inoltre, la rendicontazione ESG fornisce un quadro dettagliato degli impatti ambientali, sociali e di governance dell’azienda, permettendo di allineare la strategia aziendale agli obiettivi di sviluppo sostenibile e di rispondere in modo proattivo alle crescenti richieste di responsabilità da parte degli investitori e delle istituzioni.
L’introduzione della CSRD impone alle imprese di documentare in modo dettagliato le proprie politiche di sostenibilità e governance, rendendo ancora più rilevante il modello 231 per garantire il rispetto delle normative ambientali e sociali. Le aziende che adottano un modello 231 ben strutturato possono allineare più facilmente le proprie politiche ESG ai requisiti della CSRD, riducendo il rischio di sanzioni e migliorando la trasparenza nei confronti degli stakeholder. L’obbligo di revisione indipendente previsto dalla CSRD rappresenta un ulteriore strumento per rafforzare il controllo interno e garantire una gestione etica e responsabile dell’impresa.
Conclusioni
La CSRD rappresenta un passo significativo verso una maggiore responsabilità aziendale in materia di sostenibilità. Sebbene comporti sfide operative e finanziarie, offre anche un’opportunità per le aziende di migliorare la loro reputazione e attrarre investitori responsabili.
L’introduzione della CSRD impone alle imprese di documentare in modo dettagliato le proprie politiche di sostenibilità e governance, rendendo ancora più rilevante il modello 231 per garantire il rispetto delle normative ambientali e sociali. Le aziende che adottano un modello 231 ben strutturato possono allineare più facilmente le proprie politiche ESG ai requisiti della CSRD, riducendo il rischio di sanzioni e migliorando la trasparenza nei confronti degli stakeholder.
La conformità alla CSRD non sarà dunque solo un obbligo normativo, ma un elemento strategico per la reputazione e la crescita sostenibile delle imprese nel lungo periodo.