I tristemente noti fatti di cronaca sulla vicenda di Brandizzo accendono, ancora una volta, la luce sul tema della sicurezza sul lavoro e mi costringono a dolorose riflessioni su tutto quello che poteva essere evitato.

E’ un tema, quello della sicurezza sul lavoro, al quale sono molto legata: empaticamente, perchè insisto molto sul fatto che il mio lavoro abbia e mantenga anche un aspetto “umano” legato a doppio filo alla società e al contesto che viviamo; e professionalmente, perchè ciò per cui in questi anni mi sto prodigando è innanzitutto la presa di coscienza culturale di considerare il bene vita e gli interessi a questa connessi come prioritari e prevalenti sulle regole del business.

E allora diventa inevitabile per me declinare le informazioni che si susseguono alle regole che mi impongo orientino il mio lavoro, il mio posto nel mondo.

Quello che ogni giorno le fughe di notizie delle indagini rivelano non è altro che lo specchio di ciò che ognuno di noi, come privato cittadino, non vorrebbe mai pensare possa accadere davvero.

Il nostro intero patrimonio di principi e diritti si fonda su una Repubblica fondata sul lavoro e questo fa comprendere quanto conti avere un lavoro che possa rappresentare un valore aggiunto per ognuno di noi.

Il lavoro deve sempre valorizzare e preservare la vita: esistono leggi che nascono e si prodigano per questo, ma quanto costa rispettarle?

Il D.lgs. 231/2001 e la sua metodologia di ispirazione, il risk approach, nascono storicamente proprio per evitare che fatti del genere possano restare su piani distinti e separati dalle logiche strettamente “aziendalistiche”. Approccio al rischio oggi vuol dire tenere fermo il principio che ogni attività di impresa gioca su un terreno scivoloso in cui il rischio di mettere a repentaglio alcuni beni primari non può essere corso e non può essere corso perchè esistono regole, procedure, principi di controllo ad hoc.

Non deve farsi l’errore di cadere in fuorvianti generalizzazioni, è vero: eppure in un mondo che sempre più spinge alla digitalizzazione, alla manutenzione predittiva, alla simulazione di processo per evitare che certi eventi catastrofici si verifichino prima di essersi adeguati è davvero difficile ascoltare l’incedere quotidiano delle notizie delle morti sul luogo di lavoro.

E allora torna prepotente la domanda iniziale: quanto costa davvero rispettare le leggi che preservano la vita? Non solo economicamente, ma anche in termini di tempo e di continuità aziendale. E’ una partita che si gioca sempre sul filo del bilanciamento di interessi e io non posso fare a meno di pensare a quanto lavoro di sensibilizzazione, su questi temi, ci sia ancora da fare.

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