Premessa

A poche settimane dall’entrata dello sport in Costituzione, con l’approvazione all’unanimità dell’art. 33, si fa sempre più concreta la presa di coscienza del ruolo che l’attività motoria può rivestire per la società e per l’individuo. 

Ruolo che si ripercuote, a cascata e dal basso, anche sulle società e associazioni sportive, dilettantistiche e non, di cui si era già fatta caricola c.d. riforma dello sport, entrata in vigore il 1 luglio 2023.

Un intervento quindi a tutto tondo per il mondo dello sport che, tuttavia, pone l’accento sul tema della compliance e della normazione secondaria, in particolare in relazione all’adozione di un Codice Etico per gli enti che operano nel mondo dello sport a più livelli e dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (D.lgs. 231/2001).

La riforma dell’art. 33: lo sport entra nella Costituzione Italiana. 

Il 20 settembre 2023 è già passato alla storia come la data in cui si è modificato all’unanimità l’art. 33 della Costituzione per andare a inglobare anche lo sport tra i beni protetti dalla Carta fondamentale. 

L’enunciato rappresenta il recepimento di un valore preformato nella società e l’aggiunta della frase “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue formeinserisce lo sport a pieno titolo tra i diritti sociali dei cittadini, coprendolo di tutela al pari di scienza, cultura e educazione. 

Non che il “peso” dello sport nel complesso riconoscimento di diritti non fosse considerato fino a questo momento, ma certamente la sua sola menzione all’interno dell’art. 117, limitatamente alla ripartizione delle competenze tra Regioni e Province autonome, non rendeva certo giustizia al grande interesse che lo stesso raccoglie come strumento per veicolare una migliore qualità della vita e una più elevato livello di salute fisica. 

Questa riforma, che porta l’Italia ad adeguarsi alle previsioni di altri paesi dell’Unione Europea che già promuovono l’attività sportiva nelle loro costituzioni, rappresenta il passaggio da uno Stato che si limita a regolamentare l’attività sportiva a uno Stato che ne diventa attivo promotore. 

Tuttavia, da contraltare all’entusiasmo collettivo fa la genericità del disposto normativo che di fatto demanda alla politica o altri enti la previsione di specifiche iniziative volte a dare un peso concreto alle enunciazioni di principio contenute nella Carta Fondamentale.

Compito assolto in parte, e addirittura ex ante, dalla recente riforma dello sport.

La riforma dello Sport

La lotta contro gli abusi sui minori, le molestie e le varie forme di discriminazione rappresentano i punti nodali sui quali si focalizza la Riforma dello Sport, entrata in vigore – per la c.d. prima fase – dal 1 luglio 2023.

Al netto di quelli che saranno ulteriori approfondimenti e chiarimenti interpretativi – sempre auspicati quando intervengono riforme così vaste – i punti centrali della novella si incentrano, innanzitutto, sugli aspetti lavoristici del settore, da sempre considerati un fianco vulnerato dell’ambito. Viene così disegnata meglio la figura del lavoratore sportivo, permettendo una maggiore fluidità della figura a seconda delle mansioni inerenti al settore di competenza così come vengono ridefiniti i contratti di collaborazione sportiva in relazione al numero massimo di ore lavorative. 

Tra le novità, certamente catalizza l’attenzione l’obbligo di redigere le Linee Guida per la redazione di Modelli Organizzativi e di Controllo nell’ambito dell’attività sportiva, nonché l’adozione dei codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione delle molestie, della violenza di genere e di ogni altra condizione di discriminazione (così Decreto Legislativo 11 aprile 2006 n. 198, Codice delle opportunità.).

Questo punto crea un collegamento tra la disciplina novellata sul c.d. lavoratore sportivo e la responsabilità amministrativa in capo all’ente, a meno che lo stesso non si sia già dotato di un modello organizzativo idoneo a prevenire i reati della stessa fattispecie di quello commesso dal proprio sottoposto, un modello, cioè, di organizzazione e gestione ai sensi della normativa del D.lgs. 231/2001.

Modelli Organizzativi per le società sportive. 

Come noto, la responsabilità da reato degli enti di cui al D.lgs. 231/2001 riconduce all’ente la responsabilità dei reati commessi da amministratori, dirigenti, dipendenti o terzi mandatari qualora gli stessi vengano commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente e quando le condotte siano ascrivibili a ciascuno dei reati previsti dall’apposito catalogo. 

Tale normativa, che nel settore sportivo si applica indistintamente alle SSD e alle ASD, si traduce nella concreta possibilità delle società sportive di essere coinvolte nei procedimenti penali connessi alla commissione di uno dei reati presupposto della responsabilità dell’ente. 

Tale responsabilità amministrativa da reato si affianca così alla c.d. responsabilità oggettiva delle società sportive per i comportamenti dei propri tesserati, con la ben più grave conseguenza però di trascinare l’ente nel processo penale. 

Ecco perché il ruolo del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo diviene essenziale per alleggerire il peso delle responsabilità riconducibili alla società per i fatti commessi dai dipendenti o dai mandatari, considerata anche l’attribuzione del ruolo di datore di lavoro. 

E’ l’art. 16 del D.lgs. 39/2023 a dettare la normativa in fatto di obbligo di adeguamento o implementazione del M.O.G.: questo dispone testualmente, infatti, sia l’obbligo di implementazione secondo la nuova normativa di quelle realtà che si erano già dotate del Modello 231, sia la possibilità di essere esposte a sanzioni da parte del’Organismo Sportivo di riferimentosecondo un’apposita previsione inclusa nelle linee guida di settore. 

Conclusioni

E’ indiscutibile che la riforma attribuisca un peso dirimente alle Linee Guida di Federazione.

La FIGC e la FIP hanno già reso nota la pubblicazione delle specifiche Linee Guida per il loro settore sportivo di competenza, assegnando un tempo di adeguamento di 12 mesi dalla loro introduzione.

La funzione che la riforma mira ad attribuire a tali documenti è, da un lato, quella di diffondere una maggiore consapevolezza circa condotte che possano essere ricondotte a forme di molestia, violenza di genere e, in generale, ogni condizione di discriminazione; dall’altro, quella di andare a schermare la responsabilità delle società limitandola ai soli casi di colpa dell’organizzazione, laddove si dimostri di essersi adeguate alla normativa di recente introduzione. 

Tuttavia, il mondo dello sport è così esteso e variegato che si dovrà rendere necessario per tutte le altre Federazioni un adeguamento nel minor tempo possibile, per assicurare un’omogeneità di trattamento, ma anche di tutele, nei rami più specifici dello sport. 

Sarebbe auspicabile, in tale senso, anche un intervento del CONI che riesca a stabilire criteri minimi di base da rispettare per assicurare il recepimento degli obiettivi prefissati dalla riforma, con la previsione di misure di controllo per rendere quanto più operative possibili gli obblighi della novella normativa, ma, ancor di più, l’enunciazione della Carta fondamentale.

One Reply to “La riforma dello sport, i nuovi obblighi per le società e associazioni sportive e le linee guida di categoria.”

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