Premessa
Il
presente contribuito individua alcuni spunti operativi per la predisposizione
di un modello di organizzazione, gestione e controllo, ai sensi del D. Lgs.
231/2001, idoneo a prevenire la responsabilità amministrativa da reato per i
cd. “crimini ambientali” commessi nell’interesse o a vantaggio di imprese che
abbiano come attività produttiva principale i servizi di igiene ambientale, la
gestione dei rifiuti e delle bonifiche, o il cui operato abbia comunque un
impatto sulle matrici ambientali.
 
 
La responsabilità da reato ai sensi del D. Lgs. 231/2001
In
generale, nel caso in cui determinate figure aziendali (ad esempio gli
amministratori, i rappresentanti legali, i dirigenti, i dipendenti a loro
subordinati) commettano alcuni specifici reati cosiddetti “presupposto[1]
nell’interesse o vantaggio di una società, la stessa potrebbe rispondere del
corrispondente illecito amministrativo dipendente da reato – con sanzioni
pecuniarie ed interdittive che nei casi più gravi possono arrivare fino ad
1,549 milioni di euro e all’interdizione definitiva dall’esercizio
dell’attività –, salvo che essa abbia:
 
1.    
adottato ed efficacemente attuato – prima della commissione del fatto
penalmente rilevante – un modello di organizzazione, gestione e controllo
idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi[2],
2.    
nominato un Organismo di Vigilanza (OdV) munito di autonomi poteri
di iniziativa e controllo[3].
 
Nel
caso dei reati ambientali previsti all’art. 25 undecies del D. Lgs. 231/2001[4]
si dovrà tener conto delle loro caratteristiche strutturali[5],
nonché della circostanza che l’interesse o il vantaggio per l’ente in tale
materia possono consistere – ad esempio – nel risparmio economico derivante
dalla omessa adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il
superamento dei limiti tabellari in materia di inquinamento, ovvero
nell’eliminazione dei tempi morti provocati dalla predisposizione o
manutenzione degli stessi, con riduzione dei costi complessivi dell’attività
produttiva.
 
Per la redazione del modello, l’azienda può
avvalersi delle linee-guida delle associazioni rappresentative degli enti,
adottate ai sensi dell’art. 6 co. 3 del D. Lgs. 231/2001, che individuano le best
practices
disponibili nel settore d’interesse[6].
 
Il modello organizzativo, tuttavia, non può però essere sostituito dalla mera adozione –
da parte della società – di un sistema di gestione ambientale riconosciuto a
livello internazionale, c
ome quelli conformi alle certificazioni
ambientali volontarie ISO 14001:2015 e al Regolamento Europeo EMAS[7].
 
 
Il modello di
organizzazione, gestione e controllo per la prevenzione dei reati ambientali
In base alle best practices vigenti,
la società deve disporre dei seguenti elementi:
        
formalizzazione dell’organigramma, con conseguente sistema di deleghe e
procure chiaro, valido ed efficace
; […]
        
definizione di un complesso di
procedure di cui sia possibile verificare il rispetto da parte del personale
interessato
,
in coordinamento con
i sistemi di prevenzione aziendale eventualmente esistenti (ISO, Safety Health,
Audit ecc.).
 
Per costruire il
modello di organizzazione, gestione e controllo
è necessario
 
a)    
individuare i processi aziendali “di business” a
rischio diretto, relativi alle specificità del settore ambientale (es.: “gestione-impianti”),
e “di supporto” (c.d. sentinella), strumentali all’attività svolta (es.:
gestione finanziaria”);
b)   
indicare i
reati realizzabili nell’ambito di ciascun processo corrispondente alle aree a
rischio individuate;
c)    
predisporre
le procedure di controllo a seconda del livello e dell’oggetto, indicando i
correttivi necessari a ridurre ad un grado “accettabile” il cd. rischio-reato;
d)   
pianificare
le azioni di vigilanza.
 
Le best practices in materia individuano le
seguenti principali aree di business[8]:
A.  
gestione dei rifiuti e degli adempimenti connessi
[9]
B.  
gestione delle
emissioni in atmosfera
C.  
gestione degli
scarichi
D.  
trasporto rifiuti
E.   
intermediazione
F.   
attività di
bonifiche dei siti
G.  
gestioni sorgenti
radioattive.


Per quanto riguarda i processi rilevanti relativi a ciascuna area di business, andranno
indicati il rispettivo responsabile che ne conosca il funzionamento, i presidi
di controllo esistenti comuni a tutti i processi/reati[10]
e/o relativi ad uno specifico processo aziendale, e le eventuali azioni
correttive da apportare.
 
Andrà poi verificata
la conformità e l’adeguatezza delle infrastrutture, degli impianti e delle
attrezzature presenti negli stabilimenti ai parametri tecnici e normativi
previsti dalla legge, nonché delle autorizzazioni amministrative relative
all’attività svolta.
 
Quanto all’Organismo di Vigilanza, sarà opportuno verificarne la
competenza in relazione al business dell’impresa, attingendo anche al
contributo di esperti in materia ambientale e alle indicazioni provenienti dal
responsabile HSE (del quale la giurisprudenza non consigliata l’inserimento
nell’OdV).
 
 
Alcuni esempi di prevenzione dei reati ambientali
La prevenzione dei delitti di
inquinamento ambientale e disastro ambientale (art. 452 bis e 452 quater c.p.)
– ma in generale dei “Delitti contro l’ambiente” previsti dal codice
penale –, passa attraverso, ad esempio:
 
·       
risk assessment, piani di monitoraggio e controllo, programmazione e
concreta implementazione di coerenti interventi di manutenzione degli impianti;
·       
efficaci sistemi di gestione delle
emergenze e loro revisione periodica;
[…]
·       
criteri di aggiudicazione degli
appalti che non privilegino il “massimo ribasso”;
·       
inserimento di clausole di
risoluzione ex art. 1456 c.c. nel caso di coinvolgimento del partner
commerciale in procedimenti penali, per reati associativi, ambientali e in
materia di salute e sicurezza sul lavoro;
·       
meccanismi di selezione dei
partner commerciali (fornitori servizi, opere, beni ed impianti, etc.) che
prevedono cautele contro il pericolo di infiltrazione mafiosa
(autocertificazione antimafia, white list, etc.).
[…]
 
Con particolare riferimento alla
gestione delle sostanze e miscele, si propone di valutare l’inserimento dei
seguenti controlli specifici:
      
i.         
modalità di gestione delle sostanze e miscele in conformità alla
rispettiva classificazione, nonché delle relative schede dati di sicurezza, ove
previsto dalla normativa applicabile;
    
ii.         
ruoli, responsabilità e modalità
per la classificazione delle sostanze e miscele pericolose prodotte,
commercializzate e importate, ove previsto dalla normativa applicabile
.
 
Tenuto conto della possibilità che
tali reati siano contestati in forma colposa, accanto ai presidi cautelari
suindicati si suggeriscono le seguenti ulteriori misure di controllo:
·    
approfondita due diligence ambientale nelle operazioni di fusione e
acquisizione e in quelle di acquisizione e/o cessione di asset;
[…]
·    
verifiche ambientali di siti, immobili
e impianti oggetto di compravendita, locazione, affitto, uso e godimento ecc.;
·    
accordi negoziali e clausole
contrattuali che, nella fase preliminare ovvero prodromica delle operazioni di
cui ai punti precedenti, disciplinino la gestione dell’assessment ambientale e
dei suoi risultati;
·    
accordi negoziali e clausole
contrattuali che disciplinino le eventuali responsabilità ambientali che
dovessero emergere in seguito alla definizione del contratto
.
 
Quanto ai reati di cui agli artt. 137
(scarichi di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose; scarichi
sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; scarico nelle acque del
mare da parte di navi od aeromobili) e 256 (attività di gestione di rifiuti non
autorizzata) del D. Lgs. n. 152/2006, andranno verificate, ad esempio, la
titolarità e correttezza delle autorizzazioni richieste per lo svolgimento
delle specifiche attività, la reputazione dei fornitori incaricati della
gestione dei rifiuti e il tipo di manodopera impiegata, mediante un raffronto
con i prezzi di mercato.
 
 
Conclusioni
La buona riuscita dell’attività di
prevenzione dei reati ambientali presuppone la diffusione di una più ampia
“cultura della legalità d’impresa”, da considerare quale criterio guida delle
condotte quotidiane aziendali.
 
Sarà dunque necessario muovere dalla
definizione di una politica ambientale dell’ente che ne delinei gli obiettivi
ed il contesto di riferimento, al fine di predisporre gli opportuni presidi
organizzativi e di mitigazione del rischio-reato.


[1]
ad esempio corruzione,
riciclaggio, omicidio colposo in violazione delle norme sulla sicurezza sul
lavoro, reati ambientali e fiscali.

[2]    ossia
un sistema di documenti e procedure organizzative con cui l’azienda individua
le attività nel cui ambito vi è il rischio di commissione dei reati-presupposto
previsti da tale normativa
·        
adotta specifici
protocolli per programmare la formazione e l’attuazione delle proprie decisioni
in relazione alle aree a rischio

·        
individua modalità di
gestione delle risorse finanziarie idonee a prevenire la commissione di tali
reati

·        
predispone canali di
flussi informativi nei confronti dell’Organismo di Vigilanza appositamente
nominato

·        
prevede le sanzioni
disciplinari da adottare in caso di violazioni del Modello.

[3]    il quale ha il compito di verificare il
funzionamento, l’efficacia e l’aggiornamento del Modello e rappresenta il
fulcro del sistema di flussi informativi che l’azienda dovrà adottare per
consentire la segnalazione degli illeciti rilevanti ai sensi del D. Lgs. n.
231/2001 commessi al proprio interno, al fine di predisporre le eventuali
implementazioni dei protocolli di prevenzione e gestione del rischio-reato.
[4]
  Si tratta delle seguenti ipotesi di
reato:
         
inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.)
         
disastro ambientale (art. 452-quater c.p.)
         
delitti colposi contro l´ambiente (art.
452-quinquies c.p.)
         
traffico e abbandono di materiale ad alta
radioattività (art. 452-sexies c.p.)
         
circostanze aggravanti (art. 452-octies c.p.)
         
uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione
di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (art. 727-bis
c.p.)
         
distruzione o deterioramento di habitat
all´interno di un sito protetto (art. 733-bis c.p.)
         
importazione, esportazione, detenzione, utilizzo
per scopo di lucro, acquisto, vendita, esposizione o detenzione per la vendita
o per fini commerciali di specie protette (L. n. 150/1992, art. 1, art. 2, art.
3-bis e art. 6)
         
scarichi di acque reflue industriali contenenti
sostanze pericolose; scarichi sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee; scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili (D.
Lgs n. 152/2006, art. 137)
         
attività di gestione di rifiuti non autorizzata
(D. Lgs n. 152/2006, art. 256)
         
inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle
acque superficiali o delle acque sotterranee (D. Lgs n. 152/2006, art. 257)
         
violazione degli obblighi di comunicazione, di
tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (D. Lgs n. 152/2006, art. 258)
         
traffico illecito di rifiuti (D. Lgs n.
152/2006, art. 259)
         
attività organizzate per il traffico illecito di
rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.)
         
false indicazioni sulla natura, sulla
composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella
predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti; inserimento nel SISTRI
di un certificato di analisi dei rifiuti falso; omissione o fraudolenta
alterazione della copia cartacea della scheda SISTRI – area movimentazione nel
trasporto di rifiuti (D. Lgs n. 152/2006, art. 260-bis)
         
sanzioni (D. Lgs. n. 152/2006, art. 279)
         
inquinamento doloso provocato da navi (D. Lgs.
n. 202/2007, art. 8)
         
inquinamento colposo provocato da navi (D. Lgs.
n. 202/2007, art. 9)
         
cessazione e riduzione dell’impiego delle
sostanze lesive (L. n. 549/1993 art. 3).
[5]    Ad esempio,
         
solo alcuni reati presuppongono la realizzazione
di un danno o di un pericolo concreto. Nella maggior parte dei casi vengono
sanzionate violazioni meramente formali espressive di un pericolo meramente
astratto;
         
molti illeciti ambientali sono sanzionabili non
solo a titolo di dolo (ossia per comportamento illecito cosciente e
volontario), ma anche a titolo di colpa (anche per semplice imprudenza o
imperizia dell’agente).
[6]    Quali esempi di best practices in materia si possono indicare le linee-guida di FISE-Assoambiente “Modelli
organizzativi e sistemi di gestione ambientale alla luce dell’estensione del D.
Lgs. n. 231/2001 ai reati contro l’ambiente
”, aggiornate nel 2020, ovvero
le “Linee-Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e
controllo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
” di
Confindustria, aggiornate nel 2021.

[7]    In primo
luogo, tali sistemi di gestione non hanno funzione di prevenire reati, bensì di
assicurare che l’attività dell’impresa e le sue procedure interne siano conformi
alle best practices internazionali rispettose dell’ecologia e
dell’ambiente; i
n secondo luogo, essi non prevedono alcuni elementi
essenziali necessari alla idoneità del modello organizzativo di cui al D. Lgs.
231/2001, quali
·        
l’individuazione delle modalità di gestione
delle risorse finanziarie
·        
la previsione di un sistema disciplinare idoneo
a sanzionarne le violazioni
·        
la nomina di
Organismo di Vigilanza.

      Allo stesso modo, non
esistono leggi o disposizioni di altra fonte normativa che prevedano una presunzione
di conformità – quantomeno per le sole parti corrispondenti – del modello di
organizzazione, gestione e controllo a tali sistemi di gestione ambientale.

[8]      alle
quali tutte sono associabili i seguenti processi di supporto: Approvvigionamenti
(acquisti; gestione dei fornitori), Ambiente e sicurezza (audit in
materia di ambiente e sicurezza), Personale (addestramento e formazione)
e Servizi generali e gestione immobiliare.
[9]      area
alla quale sono associati i seguenti specifici processi sensibili: Gestione
impianti
(gestione flussi in ingresso; manutenzione impianti; monitoraggi
ambientali; pronto intervento e gestione delle emergenze; analisi di
laboratorio; attività di deposito temporaneo e stoccaggio dei rifiuti; attività
di gestione e post gestione delle discariche; gestione operativa dei servizi di
smaltimento e recupero dei rifiuti), Gestione legale e amministrativa
(richiesta, rinnovo, modifica autorizzazioni; gestione delle autorizzazioni
degli automezzi per il trasporto dei rifiuti; gestione gare) e Commerciale
(omologa rifiuti; negoziazione diretta).
[10]   la
formalizzazione della politica ambientale dell’impresa e di una procedura di
valutazione dei rischi ambientali per identificare, valutare e tracciare gli
impatti sull’ambiente delle proprie attività; l’indicazione di obiettivi e
traguardi formalizzati anche in relazione alle responsabilità ed ai controlli
sulle spese in tema di ambiente; un sistema di procure e deleghe in materia
ambientale con attribuzione di adeguati poteri di spesa; la documentazione e la
reportistica da e verso le funzioni di controllo e l’organismo di vigilanza
ecc.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This field is required.

This field is required.