Premessa

Il presente contributo esamina il documento Rating di
Legalità e Modello Organizzativo ex D. Lgs. 231/2001: novità e spunti per la
valorizzazione degli strumenti di corretta gestione aziendale
[1],
diffuso nei giorni scorsi, nel quale la Fondazione e il Consiglio Nazionale dei
Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili commentano le modifiche – apportate
nel mese di luglio ed entrate in vigore ad ottobre – al c.d. Regolamento
attuativo in materia di rating di legalità
[2].

Il documento, nel delineare l’evoluzione e i benefici di tale
strumento di corporate compliance, ne traccia i possibili profili di
intersezione con il dovere dell’imprenditore di introdurre adeguati assetti
organizzativi nell’azienda e le affinità con il modello di organizzazione
gestione e controllo per la prevenzione della responsabilità amministrativa da
reato degli enti.

 

Che cos’è il rating di legalità

Il rating di legalità è un indicatore con il quale l’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato attribuisce una valutazione – espressa da
una a tre “stellette” – circa il rispetto, da parte delle imprese richiedenti,
di taluni standard di compliance previsti dal relativo
Regolamento
.

La ratio dell’istituto «risiede nel premiare le imprese che
hanno investito nella legalità, nella trasparenza e nella concorrenza leale ed
hanno indirizzato le attività nel rispetto di tali principi
»[3].

La richiesta può essere formulata da imprese – in forma
individuale o societaria – o enti che svolgono attività d’impresa, i quali
possiedano i requisiti di cui all’art. 1 del Regolamento (sede sul territorio
nazionale; fatturato minimo di due milioni di euro nell’ultimo esercizio chiuso
nell’anno che precede la richiesta; iscrizione da almeno due anni nel registro
delle imprese o – come da modifica del 2020 – nel Repertorio delle notizie
Economiche e Amministra
tive).

Nella domanda da inoltrare attraverso la piattaforma WebRating
dell’AGCM, l’impresa – mediante autocertificazione del legale rappresentante –
deve dichiarare il possesso di tutti i requisiti previsti da
ll’art. 2 commi 2 e
3 del Regolamento, tra cui:

  • che
    nei confronti di taluni soggetti muniti di poteri decisionali e gestionali
    [4]
    non siano state adottate misure di prevenzione personale e/o p
    atrimoniale e
    misure cautelari personali e/o patrimoniali e non sia stata pronunciata
    sentenza di condanna, o emesso decreto penale di condanna divenuto
    irrevocabile, oppure sentenza di patteggiamento per reati c.d. ostativi
    [5],
    e che non sia iniziata azione penale per delitti aggravati dal metodo mafioso;
  • che
    nei propri confronti non sia stata pronunciata sentenza di condanna o sentenza
    di patteggiamento, e non siano state adottate misure cautelari per gli illeciti
    amministrativi dipendenti dai reati di cui al D. L.gs. 231/2001;
  • di
    non essere destinataria di provvedimenti sanzionatori, divenuti definitivi nel
    biennio precedente la richiesta di rating, emessi da alcune autorità di vigilanza
    e controllo (ad esempio, AGCM e ANAC) per particolari violazioni[6];
  • di
    effettuare transazioni finanziarie superiori alla soglia prevista dalla disciplina
    sull’uso del denaro contante esclusivamente tramite strumenti di pagamento
    tracciabili;
  • di
    non essere controllata di diritto o di fatto da società o enti esteri dei quali
    non sia possibile l’identificazione dei soggetti che ne detengono la proprietà
    o il controllo.

Oltre ai requisiti sopra elencati, la cui presenza congiunta
comporta il diritto all’attribuzione di un punteggio pari a una “stelletta”, il
Regolamento prevede la possibilità che la valutazione
raggiunga un massimo di tre
“stellette” sommando le seguenti ulteriori condizioni:

  • adesione
    ai protocolli o alle intese di legalità finalizzati a prevenire e contrastare
    le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale,
    sottoscritti dal Ministero dell’Interno o dalle Prefetture-UTG con associazioni
    imprenditoriali e di categoria;
  • utilizzo
    di sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per somme di importi inferiori
    rispetto a quelli fissati dalla legge;
  • adozione
    – anche in
    outsourcing – di controlli di conformità delle attività
    aziendali alle disposizioni normative applicabili all’impresa, ovvero di un
    modello organizzativo ai sensi del D. Lgs. 231/2001;
  • adozione
    di processi organizzativi volti a garantire forme di 
    Corporate Social
    Responsability
    ;
  • iscrizione
    nelle c.d.
    white list;
  • adesione
    a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria
    o previsione, nei contratti con i propri clienti, clausole di mediazione,
    quando non obbligatorie per legge, per la risoluzione di controversie o adozione
    di protocolli tra associazioni di consumatori e associazioni di imprese per
    l’attuazione delle conciliazioni paritetiche;
  • adozione
    di modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione. 

Il rating di legalità, che ha la durata di due anni dal
rilascio da parte dell’AGCM e può essere rinnovato su richiesta, non comporta –
come evidenziato nel documento in commento – alcun costo diretto per l’impresa.

 

Le osservazioni del CNDCEC e della Fondazione Nazionale dei
Commercialisti sui vantaggi del modello organizzativo e del rating di legalità

Il documento della Fondazione e del Consiglio Nazionale dei
Dottori Commercialisti, nel soffermarsi sulle modifiche al Regolamento che
hanno esteso la portata applicativa del rating (aumento dei reati ostativi,
ampliamento dei possibili richiedenti e dei soggetti da sottoporre a verifica
ecc.), evidenzia come tale estensione si inserisca nel solco di percorsi di
eticità aziendale
sollecitati da tempo dal legislatore, in ultimo con
l’introduzione – con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza[7]
– dell’art. 2086 co. 2 del codice civile, che formalizza il dovere
dell’imprenditore di dotare l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, nonché
con la previsione di misure premiali finalizzate a favorire un’emersione
anticipata di profili di rischio
attraverso un’adeguata analisi dei
relativi fattori critici.

Evidenti, dunque, le affinità con la cultura e le modalità
operative proprie del modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal
D. Lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica.

Tale disciplina prevede infatti che qualora determinate
figure aziendali (come gli amministratori, i rappresentanti legali, i
dirigenti, i dipendenti a loro subordinati) commettano alcuni reati cosiddetti
presupposto” (ad esempio corruzione, riciclaggio, omicidio colposo in
violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, reati ambientali e fiscali)
nell’interesse o vantaggio di una società, essa possa essere ritenuta
responsabile del corrispondente illecito amministrativo dipendente da reato con
sanzioni pecuniarie ed interdittive che nei casi più gravi possono arrivare
fino ad 1,549 milioni di euro e all’interdizione definitiva dall’esercizio
dell’attività, oltre alla confisca del prezzo o del profitto del reato.

La società può però andare esente da una simile
responsabilità amministrativo-penale qualora abbia adottato ed efficacemente
attuato – prima della commissione del fatto penalmente rilevante – taluni
presidi cautelari idonei a prevenire reati della stessa specie di quello
verificatosi.

In particolare, la società deve avere innanzitutto
predisposto un modello di organizzazione, gestione e controllo, ossia un
sistema di documenti e procedure organizzative con cui

  • individua
    le attività nel cui ambito vi è il rischio di commissione dei reati-presupposto
  • adotta
    specifici protocolli per programmare la formazione e l’attuazione delle proprie
    decisioni in relazione alle aree a rischio
  • individua
    modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a prevenire la
    commissione di tali reati
  • predispone
    canali di flussi informativi nei confronti dell’Organismo di Vigilanza
    appositamente nominato
  • prevede
    le sanzioni disciplinari da adottare in caso di violazioni del Modello.

In secondo luogo, la società deve aver nominato un Organismo
di Vigilanza (OdV) dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo per
esercitare la funzione di vigilanza effettiva sul funzionamento e
sull’efficacia del Modello, nonché per sollecitare – attraverso l’analisi dei
flussi informativi raccolti – le eventuali implementazioni dei protocolli di
prevenzione e gestione del rischio-reato.

In ragione della sua attitudine a migliorare i processi
operativi ed organizzativi aziendali, l’adozione di un modello organizzativo ex
D. Lgs. 231/2001 ha una incidenza positiva (un “+”) sul livello di rating di
legalità[8]
attribuito al richiedente, assumendo in questo modo una efficacia concreta
indiretta in termini di competitività dell’impresa.

Nondimeno, permane l’attualità della critica rivolta a tale “automatismo
valutativo”:
«è infatti sufficiente che il
soggetto richiedente dichiari l’adozione “formale” o di un Modello
organizzativo o di una funzione di compliance.

Paradossalmente
potrebbero essere premiati soggetti che solo sulla carta hanno adottato tali
misure, il tutto in netto contrasto sia con la normativa in materia di
responsabilità amministrativa degli enti sia con la giurisprudenza che più
volte si è espressa sull’idoneità dei Modelli e sulla loro efficace attuazione
»[9].

Il documento del CNDCEC e della Fondazione Nazionale dei
Commercialisti evidenzia ad ogni modo le maggiori opportunità di business, la
massima trasparenza sul mercato e i miglioramenti dell’immagine aziendale
,
sia nei rapporti con la P. A. che con gli istituti di credito, che il legislatore
riconosce alle imprese che conseguano il rating di legalità.

In particolare, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
relativi alla realizzazione di opere pubbliche o per la fornitura di beni o
servizi, il riconoscimento del rating può comportare la preferenza in
graduatoria a parità di punteggio o l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo
rispetto a concorrenti sprovvisti di rating
, oltre a consentire, in base al
Codice dei Contratti Pubblici[10],
una riduzione del 30% delle garanzie provvisorie (art. 93 co. 7) e definitive (art.
103) da produrre per la partecipazione alle gare, e a poter influire sulla
valutazione dell’offerta (art. 95 co. 13).

Con riguardo, invece, ai rapporti con gli istituti di
credito, il documento segnala la possibilità per l’impresa richiedente di
ottenere una concreta riduzione della tempistica e degli oneri di competenza
nelle richieste di finanziamento o la variazione della determinazione di talune
condizioni economiche di erogazione degli stanziamenti
[11].

 

Conclusioni

La modifica in commento si innesta in un percorso di
progressiva sensibilizzazione normativa dell’imprenditore a adottare sistemi di corretta gestione aziendale, i quali comportano benefici in termini di
efficienza, trasparenza e competitività nelle relazioni con la P.A. e gli
istituti di credito sempre più “quantificabili”.

In definitiva, ciò che il legislatore chiede da tempo
all’impresa è di aderire a quella che nel documento viene definita una nuova
cultura aziendale, che passa dalla individuazione
ex post delle
criticità a un sistema di rilevazione proattivo ed
ex ante
delle stesse,
attraverso costanti report e flussi informativi che consentano di gestire possibili
rischi emergenti.



[1]
Il documento è consultabile al sito https://commercialisti.it/documents/20182/1236796/Allegato+-+informativa+05-2021.pdf/d4cd80c1-bc40-4103-b639-9ca832e01566.

[2]
Delibera AGCM del 12 novembre 2012, n. 13779 (modificata con delibera n. 28361
del 28 luglio 2020, in G.U. il 19 ottobre 2020 e in vigore dal giorno
successivo), consultabile al sito https://www.agcm.it/chi-siamo/normativa/dettaglio?id=268c1269-d85d-4259-bce1-0ffa53414b23&parent=Rating%20di%20legalit%C3%A0&parentUrl=/chi-siamo/normativa/rating-di-legalit.

[3]
cfr. I. A. Savini –
A. R. Carnà – D. Santoro
, Rating di legalità delle imprese: punti
cardine del regolamento Antitrust. Profili legali ed economico aziendali

(in La responsabilità amministrativa da reato degli enti, n. 2/2013,
pag. 242).

[4]
a seconda della natura dell’impresa richiedente: titolare, institore, direttore
tecnico e procuratori, muniti di poteri decisionali e gestionali, amministratori
della società richiedente o della società controllante o che eserciti direzione
e coordinamento (o della società medesima); persone fisiche titolari di
partecipazioni di maggioranza o di controllo; direttori generali, rappresentanti
legali, soggetti apicali muniti di poteri decisionali e gestionali (anche
qualora tali incarichi siano cessati nell’anno precedente la richiesta di
rating) (art. 2 co. 2 lett. a), b), b-bis) del
Regolamento)
.

[5]
reati previsti nel catalogo di quelli presupposto della responsabilità degli
enti ex D. Lgs. n. 231/2001; reati tributari; reati in materia di salute e
sicurezza sul lavoro; bancarotta fraudolenta; reati in materia di gare o
forniture; trasferimento fraudolento di valori; estorsione; usura; omesso
versamento di ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di
lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (art. 2 co. 2 lett. a), b),
b-bis) del Regolamento).

[6]
relative ad illeciti antitrust o a pratiche commerciali scorrette; agli
obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; agli obblighi tributari
nonché a quelli retributivi, contributivi e assicurativi nei confronti dei
propri dipendenti; alla revoca di finanziamenti pubblici per i quali non siano
stati adempiuti gli obblighi di restituzione; alla prevenzione della corruzione,
trasparenza e contratti pubblici (art. 2 co. 2 lett. d) d-bis), e), f), g), h),
i), l) del Regolamento).

[7] D. Lgs.
12 gennaio 2019, n. 14.

[8]
Art. 3 co. 2 lett. c) del Regolamento.

[9] I. A. Savini – A. R. Carnà – D. Santoro,
op. cit., pag. 248.

[10]
D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

[11]
in conformità all’art. 5-ter del D. L. 24 gennaio 2012 n. 1 (Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività
,
come modificato dall’art. 1-quinquies del D. L. 24 marzo 2012, n. 29,
convertito, con modificazioni, dalla L. 18 maggio 2012, n. 62) e del Decreto
MEF-MISE 20 febbraio 2014, n. 57 (Regolamento concernente l’individuazione
delle modalità in base alle quali si tiene conto del Rating di legalità
attribuito alle imprese ai fini della concessione di finanziamenti da parte
delle pubbliche amministrazioni e di accesso al credito bancario, ai sensi
dell’articolo 5-ter, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27
).

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