Premessa.
Le
misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19,
che di fatto stanno monopolizzando l’informazione e il vivere quotidiano in questi
giorni particolari, aprono a delle 
imprescindibili valutazioni relative all’adeguatezza delle misure di
sicurezza adottate da ciascuna azienda per fronteggiare i rischi del contagio.
Di
fronte, infatti, alla minaccia della salute pubblica, le misure urgenti
previste dai Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri impongono alle
aziende di coordinare e integrare tali misure con i protocolli sulla
valutazione e gestione del rischio nell’ambito della sicurezza sul lavoro al
fine di evitare di incorrere, alle condizioni previste, in una responsabilità
ex D.lgs. 231/2001 di cui all’art. 25-septies.
Il contesto: la sicurezza sul lavoro.
La
sicurezza sul lavoro è un bene giuridico di rango costituzionale, spesso
richiamato dalla Carta fondamentale e funzionale alla tutela effettiva della
vita, dell’integrità fisica e della salute della persona.
Non
deve sorprendere allora come diverse siano state le riforme che hanno impegnato
il legislatore nella materia.
Tradizionalmente,
si distingue:
·     
una prima fase, collocabile temporalmente negli
anni ’50, in cui il modello normativo tendeva all’iperprotezione del lavoratore
imponendo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza assoluto;
·     
una seconda fase, caratterizzata dal varo della
l. 626/1994 che, raccogliendo le istanze di responsabilizzazione del
lavoratore, imponeva al datore di lavoro di predisporre un sistema di
sicurezza, prevenzione e protezione e al contempo introduceva la c.d. “area del
rischio consentito” per cui andava valutata la condotta del lavoratore al fine
di verificare un’eventuale rottura del nesso di causalità;
·     
una terza fase che, con il D.lgs. 81/2008,
introduce il concetto della responsabilità di posizione segnando il definitivo
tramonto del modello iperprotettivo del lavoratore in favore di un modello di
obblighi ripartiti.
La
logica dell’ultimo Decreto Legislativo in materia di sicurezza sul lavoro è
imperniata sul concetto di “valutazione dei rischi”, definita dall’art. 2, lett
q) come la “valutazione globale e
documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti
nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività,
finalizzata ad individuare le misure di prevenzione e di protezione e ad
elaborare il programma delle misure di prevenzione e di protezione e ad
elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo
dei livelli di salute e sicurezza
”.
Il
documento che racchiude tale valutazione dei rischi prende il nome di DVR e la
sua tempestiva adozione rappresenta certamente un elemento di valutazione
dell’adeguatezza dell’organizzazione di impresa.
La sicurezza sul lavoro nel D.lgs. 231/2001
e i riflessi della emergenza da Covid-19.
La
disciplina del D.lgs 81/2008 si interseca con quella del D.lgs. 231/2001.
Nel
2007, infatti, il legislatore aveva esteso l’ambito oggettivo di applicazione
della responsabilità da reato degli enti introducendo nel catalogo dei reati
l’art. 25-septies in materia di omicidio e lesioni personali aggravate commesse
per violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Rinviando
ad altra sede le questioni interpretative ancora insolute relative alla
compatibilità dei reati colposi con i criteri dell’interesse e vantaggio
necessari ai fini di un’imputazione della responsabilità all’ente, quel che è
certo è che, all’indomani dell’inserimento della nuova norma all’interno del
catalogo dei reati, le aziende sono state chiamate ad adottare misure
specifiche a tutela della salute dei dipendenti, al fine di evitare
l’esposizione ad una delle sanzioni previste dal Decreto.
Nel
contesto dell’emergenza Covid-19, che, ad oggi, riguarda tutte le aziende del
territorio nazionale, diviene necessaria l’adozione di misure specificamente
volte a prevenire il rischio del contagio tra i propri dipendenti al fine di
evitare la diffusione del virus.
Per
fare ciò, in termini di compliance,
le aziende dovranno dotarsi di procedure idonee ad aumentare i livelli di
sicurezza e prevenzione ai fini dell’eventuale valutazione di adeguatezza del
Modello ex D.lgs. 231/2001.
Non
può ritenersi sufficiente, infatti, il mero aggiornamento del DVR, poichè tale
modalità da sola non pare idonea ad assolvere al ruolo di verifica in merito
all’efficace attuazione dello stesso.
Conclusioni
Nel
silenzio di documenti di settore istituzionali, l’AiFOS (Associazione Italiana
Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro) ha redatto un documento
contenente le buone prassi per lo svolgimento della formazione e per lo
svolgimento di sopralluoghi e consulenze in azienda.
In
disparte di questo le Aziende, anche e soprattutto in un’ottica futura,
dovranno prestare particolare attenzione alle questioni relative alla sicurezza
sul lavoro poiché, com’è immaginabile, gli effetti di questa emergenza
sanitaria continueranno a dispiegarsi nel tempo, anche a seguito
dell’allenamento delle misure contenitive più stringenti imposte in questo
momento.

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